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Assemblea verso il 25 novembre

Dall’inizio dell’anno sono stati registrati più di 100 casi di femminicidi e transcidi, a cui si aggiungono, di quelli noti, almeno 12 tentati femminicidi e numerose aggressioni razziste e contro le persone lgbt. Oltre alla violenza domestica, negli ultimi mesi si sono susseguiti diversi casi di violenze sessuali che hanno richiamato l’attenzione dei media. Sono state narrate con toni e linguaggi che spettacolarizzano e colpevolizzano costantemente chi la violenza la subisce, alimentando stigma e delegittimazione.

A Trieste, la complicità delle istituzioni rispetto alla violenza di genere è palese. In questi giorni si susseguono le iniziative di sensibilizzazione sulla violenza di genere promosse dalla polizia e gli articoli di giornale che elogiano l’operato della questura, ma quella stessa polizia e quella stessa questura ci hanno più volte impedito di manifestare in centro città contro la chiusura dei consultori o per l’autodeterminazione e la libertà di scelta. Nel frattempo, i servizi pubblici nei quali si dovrebbe fare prevenzione vengono chiusi. Nonostante la mobilitazione degli scorsi mesi, Asugi sta proseguendo con lo smantellamento dei consultori. I consultori sono spazi di autodeterminazione delle donne e dovrebbero avere un ruolo nel contrasto alla violenza, garantendo gli spazi giovani, l’educazione sessuale nelle scuole, servizi pubblici e gratuiti ad accesso diretto per garantire la libertà sulle proprie scelte riproduttive. Il programma è quello di chiudere due delle quattro sedi consultoriali nel comune di Trieste e Asugi lo sta facendo pian piano, svuotandoli dall’interno dei loro servizi, chiudendone parzialmente gli spazi e non sostituendo il personale che va in pensione.

Il 7 novembre era prevista un’audizione in III Commissione, organo del Consiglio regionale che si occupa di sanità. La commissione, richiesta a luglio dal Patto per l’Autonomia, non c’è stata e non è stata riprogrammata. La Regione, che ha competenza esclusiva nella regolamentazione e nell’organizzazione dei servizi e delle attività destinate alla tutela della salute, non si interessa dello smantellamento di presidî territoriali quali i consultori e si rifiuta di affrontare la questione.
Chi distrugge la rete socio-sanitaria territoriale è corresponsabile della violenza domestica e della violenza contro le donne, perché priva le comunità di luoghi vicini a casa, deputati alla formazione, all’accoglienza e al sostegno delle donne e delle altre soggettività, nelle varie fasi della vita.

Per questo, il 25 novembre non può limitarsi a essere una ricorrenza istituzionale in cui chiunque, compresi i colpevoli dei tagli al welfare, si erge a paladino della difesa dei diritti delle donne; il 25 novembre è un giorno nostro, di tutte coloro che hanno delle sorelle morte ammazzate e che lottano per stare al mondo.

Lunedì 13 ci vediamo in assemblea per costruire assieme il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere.