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Chiusura dei consultori: storia dell’accorpamento

Questo intervento è il terzo di una serie. Si tratta del risultato di un lavoro di ricerca e approfondimento svolto da Non una di meno Trieste, in occasione della prima assemblea pubblica contro la chiusura dei consultori, tenuta in campo San Giacomo il 31 maggio 2023. Nelle prossime settimane pubblicheremo anche altri interventi: invitiamo alla diffusione di questi testi e delle informazioni che contengono. Lo smantellamento della sanità pubblica sta avvenendo nel silenzio, dietro la cortina retorica della riorganizzazione e dell’efficientamento: è fondamentale che le persone che abitano nella nostra città sappiano cosa sta succedendo e possano avere gli strumenti per individuare le responsabilità.

La chiusura di due servizi territoriali va inquadrata in un più generale approccio di disinvestimento sul welfare. La sanità, che dovrebbe garantire salute in ottica integrata (non solo come assenza di malattia ma intesa come stato di benessere e soddisfacimento di bisogni complessi e personali), è un peso per le casse pubbliche e dagli anni Novanta è stata via via aziendalizzata, con il passaggio dalle USL alle attuali Aziende sanitarie. Efficacia, efficienza, vincoli di bilancio, autonomia imprenditoriale sono alla base della riorganizzazione.

La chiusura/accorpamento dei due consultori è inserita nella programmazione attuativa dei nuovi modelli di assistenza territoriale dell’ASUGI, atto programmatorio ancora in discussione che si fonda sull’atto aziendale del 2022. L’atto aziendale accorpava già gli attuali quattro distretti, ma ciò poteva limitarsi a una revisione degli organi e dei meccanismi tecnico-burocratici, e non dovrebbe implicare automaticamente un taglio e un dimezzamento generale di molti servizi territoriali. L’atto aziendale era un documento atteso dalle riforme del sistema sanitario regionale introdotte dalle L.R. 27/2018 e 22/2019, tuttavia la riorganizzazione è stata tentata almeno dal 2014. Le case della comunità, che forse vedranno la luce con i fondi del PNRR e in particolare della Missione 6, erano in realtà già previste, così come la ridefinizione delle zone dei distretti e del numero delle aziende (accorpamento ASUITS e AS basso isontina). Il modello alla base della riorganizzazione si chiama hub&spoke (con centri specialistici e raggi periferici) ed è copiato dal modello organizzativo dell’aviazione civile americana in seguito alla deregolamentazione.

I CF non rientrano nemmeno nelle case della comunità ma nei dipartimenti di assistenza distrettuale dei due Distretti TS1 e TS2 e nell’atto aziendale non vengono neanche nominati, se non con un breve riferimento alle funzioni consultoriali. La programmazione attuativa preannuncia invece la chiusura di due consultori su 4, con il trasferimento dei servizi di Via San Marco/Vespucci (San Giacomo) e di Via Sai (San Giovanni). Il CF di San Giacomo dovrebbe diventare la sede nella NPIA, servizio sicuramente necessario vista la sua assenza a livello territoriale e l’assenza di spazio dedicato dentro al Burlo, attualmente competente per le funzioni di NPIA. La necessità di predisporre un servizio che si occupi della salute mentale de* giovani, non può però essere una scusa per chiuderne un altro. Non lo può essere nemmeno l’esistenza dei tornanti nel Parco di San Giovanni, ipoteticamente e improvvisamente impraticabili, secondo l’ASUGI, per chi ha un passeggino. L’azienda sostiene anche che accorpare i Consultori permetterà di ampliarne gli orari di apertura, ed è difficile da credere se il personale non verrà aumentato.

Se si volessero veramente rafforzare e valorizzare i consultori suggeriamo noi una ricetta: aprirne altri 6, aumentare il personale, aumentare l’orario di apertura, garantire che assolvano a tutte le loro funzioni.