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Chiusura dei consultori: cosa sono

Questo intervento è il secondo di una serie. Si tratta del risultato di un lavoro di ricerca e approfondimento svolto da Non una di meno Trieste, in occasione della prima assemblea pubblica contro la chiusura dei consultori, tenuta in campo San Giacomo il 31 maggio 2023. Nelle prossime settimane pubblicheremo anche altri interventi: invitiamo alla diffusione di questi testi e delle informazioni che contengono. Lo smantellamento della sanità pubblica sta avvenendo nel silenzio, dietro la cortina retorica della riorganizzazione e dell’efficientamento: è fondamentale che le persone che abitano nella nostra città sappiano cosa sta succedendo e possano avere gli strumenti per individuare le responsabilità.

I consultori familiari sono stati normati dalla legge 405/75. La norma ne delinea gli scopi, definisce il personale che deve essere garantito al loro interno, stabilisce che siano gratuiti, così come gratuiti devono (dovrebbero) essere i farmaci prescritti da questo servizio socio-sanitario.

Nei Consultori possiamo fare una visita ginecologica, avere informazioni e prescrizioni dei metodi contraccettivi, ottenere la certificazione per l’interruzione volontaria di gravidanza, soprattutto se siamo minorenni, anche senza il consenso dei genitori. Nei consultori si fa prevenzione, con lo screening per il papilloma virus e l’insegnamento dell’auto esame al seno. Possiamo avere informazioni durante la gravidanza, partecipare ai percorsi nascita, avere informazioni e supporto per l’allattamento al seno. Nei Consultori possiamo avere sostegno psicologico, informazioni sulla sessualità, supporto relazionale, a prescindere dal nostro orientamento e identità di genere.

La loro nascita è strettamente legata ai movimenti femministi degli anni Settanta e si inserisce in un più ampio contesto di riforme che hanno inciso sulla liberazione delle donne. Il divorzio, la riforma del diritto di famiglia (che ha ad esempio abolito la potestà maritale sia sulla donna che sui figli), la lunga strada verso l’aborto sicuro e gratuito, non ancora conclusa. Nascono esperienze di consultori autogestiti, in cui si intrecciano il sapere professionale e i saperi situati, in cui ad esempio si parla di sessualità sfidando i limiti di un paese cattolico.

La legge perciò inquadra quello che già stava avvenendo, in un momento in cui il Servizio Sanitario Nazionale e le USL dovevano ancora essere introdotte (SSN 1978), e delega la programmazione dei consultori alle regioni.

Il FVG istituisce i Consultori con la legge regionale 81/1978. Si parla di informazioni sui diritti all’uomo e alla donna per la tutela sociale della paternità e della maternità; assistenza in caso di IVG in particolare alle minorenni; assistenza in situazioni di disagio familiare; sostegno per le difficoltà relazionali, sessuali e affettive nelle diverse fasi della vita; informazioni e sostegno nelle procedure di adozione e affidamento; supporto sanitario e psicologico nei casi di violenza sessuale e nelle situazioni di trascuratezza e maltrattamento all’infanzia; educazione e promozione alla salute in raccordo con le scuole riguardo all’identità sessuale e ai rapporti tra i generi; coinvolgimento di associazioni e realtà del territorio; promozione dell’auto mutuo aiuto.

I consultori non sono perciò servizi biologicamente femminei, né servizi di difesa della natalità italica. Il loro potenziale politico è stato da tempo dimenticato. Hanno introdotto le informazioni sui contraccettivi in tempi in cui era vietato, e perseguibile penalmente, promuoverli e farne uso, hanno introdotto la PMA (procreazione medicalmente assistita) quando il dibattito bigotto sulla sua eticità era ancora in corso, hanno tra le loro funzioni la cura collettiva, attraverso l’educazione di genere e la valorizzazione dell’auto-mutuo aiuto. Ora non possiamo dirli in prima linea nell’educazione sessuale nelle scuole, nei discorsi sul genere e sui generi, nel dibattito sulla messa in discussione della famiglia eteronormata come unico modello accettabile. Non sono in prima linea nel dire che il patriarcato è violenza strutturale.

Un altro aspetto che li ha portati – e continuerà a portarli, con la chiusura di due presìdi territoriali – alla perdita del ruolo politico è l’assenza di possibilità di critica al sistema medico-sanitario neoliberista. I consultori nascono come servizi di prossimità che abitano il confine tra la scienza medica/tecnica e il sapere situato, sia grazie al coinvolgimento delle donne nella loro costituzione sia grazie agli strumenti di cui dovrebbero dotarsi per svolgere le loro funzioni, come le esperienze mutualistiche e il supporto tra pari.

Nascono così, e vengono invece travolti dallo smantellamento della sanità pubblica. Nel 1996, un decreto legislativo, confermato dal progetto obiettivo materno infantile della programmazione triennale 97-2000, prevede un numero minimo di consultori sul territorio: uno ogni 20mila abitanti. Questo requisito strutturale è stato confermato anche dal DM 77/2022 del Ministero  Salute, lo stesso a cui richiama continuamente l’attuale programmazione dell’ASUGI che preannuncia la chiusura di due consultori.

Com’è possibile?