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Autodifesa coi manganelli: il paradosso dell’educazione poliziesca nelle scuole secondarie di Trieste

La settimana scorsa, a un giorno di distanza, sono successe due cose che non possiamo non mettere in correlazione. Venerdì, a tutta pagina sul quotidiano locale di Trieste, è uscita la notizia che studentesse e studenti delle scuole secondarie di secondo grado della città seguiranno dei corsi di autodifesa, organizzati e gestiti dalla polizia locale, secondo il Metodo Globale di Autodifesa, cioè un metodo adottato da alcuni anni dalle forze armate e dalla polizia italiana.

Il giorno successivo, sabato, a Pisa studenti delle scuole secondarie sono stati brutalmente manganellat* dalla polizia durante un corteo contro il genocidio in atto in Palestina. In altre parole, i colleghi municipali di chi a Pisa ha brutalmente picchiato delle persone minorenni a Trieste organizzeranno dei corsi di autodifesa per altre persone minorenni.

Il Metodo Globale Autodifesa – apprendiamo dal sito della FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) – “è oggi praticato presso associazioni di volontariato, A.S.P., fondazioni, Comuni, Province, Regioni, scuole, organizzazioni per operatori della sicurezza, forze di Polizia, personale del 118, università”, ma soprattutto, stando alla stessa FIJLKAM, “si evidenziano i protocolli d’intesa attuati fin dal 2003 con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per la formazione e l’aggiornamento di Istruttori” e inoltre “tutto il personale delle Capitanerie di Porto e Guardia Costiera” e “la Guardia di Finanza, nella scuola di specializzazione di Orvieto”, il “personale della prestigiosa Scuola Alpina di Predazzo”, la “Scuola Navale Militare di Venezia”, oltre a Polizie locali e polizia di Stato. In altre parole, nelle scuole triestine si insegneranno i metodi di chi da sempre, e non solo a Pisa, ci ha manganellato, respinto ai confini, limitato la libertà di manifestare, invaso la nostra sfera privata.

L’intrusione delle forze armate e delle forze di polizia nella scuola pubblica è in atto da tempo: corsi sul cyberbullismo e contro la violenza sulle donne, progetti di educazione alla legalità, presenza alle fiere per l’orientamento e addirittura convenzioni per lo svolgimento dei Pcto (percorsi trasversali per l’orientamento, ex alternanza scuola-lavoro). Questa ennesima colonizzazione dello spazio educativo ci spaventa più del solito: quando leggiamo “alla portata di tutti, indipendentemente dalla forma fisica” temiamo che alle ragazze possa passare il messaggio che, nonostante siano deboli, possono imparare a difendersi o che devono imparare a difendersi perché sono deboli. I corsi di autodifesa femminista e di autocoscienza combattente sono uno spazio di liberazione perché si impara a difendersi insieme a quelle come te, che subiscono la stessa oppressione e che oppongono la stessa resistenza; questi corsi tenuti dalla polizia locale sono invece corsi tenuti da chi ha in mano un’arma. Se è vero che la polizia locale non è la polizia di Stato, è anche vero che quando pensiamo a* ragazz* delle scuole secondarie triestine in palestra con la polizia locale a fare un corso di autodifesa non possiamo non pensare a tutti quei cortei di studenti che negli anni hanno subito una repressione violenta da parte dei corpi armati dello Stato. Da sempre diciamo che invece a scuola servirebbe un’educazione alla sessualità e all’affettività, obbligatoria e curricolare, laica e informata, che sia uno spazio per costruire una coscienza relazionale e una cultura del consenso. Un’educazione che le stesse ragazze e ragazzi chiedono senza ricevere ascolto.

Anche per questo, in questa città, lotto marzo scioperiamo!