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24 e 25 novembre: due giornate di lotta e cura collettiva

Venerdì 24 novembre, assieme al Comitato di partecipazione per i Consultori familiari, siamo entrate nel consultorio di via San Marco a San Giacomo. L’abbiamo tenuto aperto fuori dall’orario di servizio per denunciare ancora una volta le intenzioni dell’Azienda sanitaria: dimezzare i consultori triestini chiudendo le sedi di San Giacomo e San Giovanni. Con la nostra azione, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere, abbiamo ribadito che non vogliamo panchine rosse o simbolici minuti di silenzio; vogliamo servizi pubblici e gratuiti, presidi territoriali contro la violenza di genere, vogliamo Spazi giovani, educazione sessuale e all’affettività nelle scuole. I luoghi deputati a fare tutto questo esistono: si chiamano consultori. Noi vogliamo che siano rifinanziati, potenziati,  aumentati, adeguati ai nostri bisogni e ai nostri desideri: vogliamo un consultorio per ogni rione.

Venerdì, dopo aver garantito la conclusione delle attività, abbiamo iniziato dentro al Consultorio di San Giacomo un’assemblea pubblica, mentre le dirigenti della struttura chiamavano le forze dell’ordine nel tentativo di silenziare ancora una volta il nostro dissenso. I genitori presenti insieme alle loro bimbe sono stati fatti uscire da un’uscita laterale, per evitare che entrassero in contatto con noi, cioè con le persone che stavano difendendo l’esistenza del loro consultorio di quartiere; molte mamme e papà sono passatə poi nel corso della serata e della mattina successiva a portarci la loro solidarietà e a ribadire la validità delle nostre istanze. Quanto alle persone che lavorano nei consultori, sappiamo bene che sono state invitate a non partecipare alla mobilitazione di questi mesi e a non interagire con i social media di Non una di meno. Ringraziamo chi, con poche parole, con un solo sguardo o con un sorriso, ci ha fatto capire di essere dalla nostra. Sappiamo inoltre che anche associazioni che collaborano in progettualità con Asugi sono state invitate, in questi mesi, a non esprimere il proprio dissenso sul taglio a questi servizi. Anche a loro va tutta la nostra solidarietà.

Le dirigenti del consultorio hanno tentato di farci demordere dall’intento di rimanere in Consultorio fino al giorno successivo (perfino chiudendo i bagni a chiave). Hanno cercato di convincerci che non sappiamo bene di cosa stiamo parlando, usando toni paternalistici e dimostrando che Asugi è proprio ciò che ci sembra essere: una macchina burocratica, che ha ai suoi vertici esecutori di politiche economiche al ribasso di cui non vogliamo più pagare il prezzo. La Digos, entrata nel consultorio che abbiamo aperto, è infine dovuta uscire assieme alle dirigenti di Asugi. Ringraziamo tutte le persone che sono rimaste con noi con determinazione e fiducia, sopportando la violenza delle istituzioni che tentavano di negarci di occupare uno spazio che è di tuttə.

Dopo l’assemblea, abbiamo condiviso una cena sociale dentro al consultorio, la proiezione di un film e la notte. Il mattino seguente, sono cominciate molto presto ad arrivare persone solidali che hanno portato la colazione e preso parte assieme a noi alle attività della giornata. Oltre allo yoga del risveglio e alcuni momenti ricreativi passati cantando assieme, durante tutto il giorno si è svolta l’attività di preparazione dei pañuelos: su ognuno dei fazzoletti fucsia si riporta il nome di una donna ammazzata dal 2021 ad oggi. Tra i laboratori e le attività anche un momento di autoascolto e scrittura collettiva di un manifesto sul consultorio che vogliamo: un consultorio territoriale e diffuso, femminista e inclusivo, un consultorio che segue tutte le fasi della vita delle donne e delle altre soggettività e che educhi gli uomini ad accettare il rifiuto. Un consultorio che sia uno spazio politico, di cura, un Consultorio Aperto, dove possano entrare tuttu indipendentemente da nazionalità o passaporto, che ammetta forme diverse di famiglia, che sappia facilitare i percorsi di costruzione dell’identità di genere, un consultorio dove l’educazione all’affettività e alla sessualità sia uno sforzo costante e dedicato a tutte le fasce di età, dove gli spazi giovani siano aperti sempre, e dove l’interruzione volontaria di gravidanza sia accessibile in modo semplice e sicuro per tutte.

Una volta pulito e chiuso il consultorio, una marea di persone si è ritrovata tra le strade di San Giacomo per partire assieme in corteo verso piazza Hortis, nuove persone si sono unite a ogni svolta e angolo, come affluenti al mare fino all’arrivo in piazza Hortis. Qui, nel frattempo si erano radunate centinaia di persone in attesa del presidio, ma a quel punto eravamo troppe: in piazza Hortis non ci stavamo. E la forza del corteo ha fatto sì che nessuno ci potesse fermare. Ci siamo riprese Piazza Unità, tutte assieme, gridando incessantemente il nostro grido altissimo e feroce per tutte quelle donne che più non hanno voce. Abbiamo raggiunto Piazza Unità in duemila, e qui abbiamo ricordato ognuna delle donne e delle persone ammazzate dalla violenza patriarcale. Abbiamo ricordato come ognuno di quei 107 femminicidi sia un omicidio di Stato. Abbiamo fatto riecheggiare le potentissime parole di Elena Cecchettin, che ha portato la nostra voce e la nostra lotta ovunque in Italia in questi giorni. Da qui siamo tornate assieme in piazza Hortis per chiudere la giornata attaccando le centinaia di pañuelos preparati durante la giornata nel posto dove devono stare e rimanere.

Questi due giorni sono stati incredibili: la rabbia e la sofferenza che sentiamo tutt* fortissimo alla notizia di ogni femminicidio sono diventate una potenza creativa. Abbiamo fatto insieme una cosa che non si vedeva da molto tempo in questa città. Una cosa semplicissima e allo stesso tempo apparentemente impossibile: dire quello che vogliamo dire e farci sentire. Chi è passata per il Consultorio aperto di via San Marco ha sentito tutta l’energia dello stare insieme in un posto fuori dalla logica del mercato e dello stare insieme lottando per qualcosa di giusto. È stato bello poter avere, anche solo per due giorni, un luogo di collettività, aperto, di tutte, senza padroni e dirigenze, senza regole che non fossero quelle che sceglievamo insieme in assemblea. È stato bello e potente riversarsi tutte assieme nelle strade della città, scoprire che siamo tantissime, che siamo capaci di muovere maree, che siamo capaci di prenderci quello che vogliamo se solo continuiamo a gridare tutte assieme e non ci lasciamo sole mai. La nostra rabbia ci protegge.

Grazie al Comitato di partecipazione, senza il quale questa azione non sarebbe stata possibile. Grazie a chi ha lavorato per vent’anni in consultorio ed era con noi a difenderlo, a chi ha cucinato, a chi ha portato la macchinetta del caffè e gli attrezzi per la pulizia (non ci avevano lasciato nemmeno quelli!), a chi ha dormito con noi nel Consultorio aperto e ha vegliato al cancello, a chi è passata la sera per la proiezione del documentario, a chi ha pianto di gioia entrando dalla porta, a chi ci ha portato la colazione, a chi ci ha raggiunto da Campo San Giacomo. Grazie alle bambine che ci hanno aiutato a preparare le fanzines con la storia dei consultori triestini, a chi ha preparato i pañuelos con i nomi delle donne ammazzate, a chi ci ha prestato l’impianto audio per il corteo (non avevamo previsto così tante persone), a chi ci ha aspettato un’ora in piazza Hortis, a chi è rimastə in piazza anche se dalle retrovie si faticava a sentire. Grazie alla Murga Inevitabile che ci ha accompagnato al ritmo sincopato di il-corpo-è-mio-decido-io-decido-io, a Elena Cecchettin che ha trasformato il dolore in parole giuste e ha mobilitato chi non era solitə farlo, grazie a tuttə noi.

Adesso però non ci fermiamo, lottiamo davvero ogni giorno contro la violenza di genere, finché non saremo sicure di essere viv3 e liber3 non fermiamoci. Rimaniamo assieme perché siamo tutt3 indispensanbili. Anche la lotta per tenere aperti i consultori non è finita e ogni persona che ha partecipato in questi due giorni furiosi è indispensabile.

Prossimi appuntamenti:

  • venerdì 1 dicembre, Giornata internazionale di lotta all’Aids e all’Hiv, alle 18 in piazza Unità con Smarza Pride;
  • mercoledì 6 dicembre, ore 12: III Commissione salute in Consiglio regionale, con le audizioni di Non una di meno e del Comitato di partecipazione per i consultori familiari di Trieste;
  • mercoledì 6 dicembre, ore 19, in Casa internazionale delle donne di Trieste: assemblea pubblica di Non una di meno, per una restituzione su questa due giorni e per definire assieme i prossimi passi. Vi aspettiamo tutte, quello che verrà ce lo inventiamo assieme!