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Street parade femminista contro le narrazioni tossiche – 14 febbraio 2018

“Sarà sempre così? Così travolgente, così totale, così distruttivo.” “Sei mia” mormora. “Solo mia. Non dimenticarlo.”

dalla trilogia Cinquanta sfumature di E. L. James

Roma. Pamela Mastropietro, 18 anni. Palmanova. Nadia Orlando, 22 anni. Livorno. Francesca Citi, 45 anni. Milano. Jessica Valentina Faoro, 19 anni. Qarnah, nord di Afrin. Amina Omar, nome di battaglia Barin Kobani. L’elenco potrebbe continuare. Secondo la Commissione d’inchiesta parlamentare sul femminicidio, nel quadriennio 2011-2016 i femminicidi hanno rappresentato più di un quarto degli omicidi commessi in Italia. Ancora: In Italia ogni due giorni una donna viene uccisa. Solo nel 2016 sono state 120 le donne ammazzate da un marito, fidanzato o convivente. Il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e di genere, in Italia erano già 114 le vittime di femminicidio nel corso del 2017. A riportarlo è stavolta il principale settimanale italiano, l’Espresso. Non sono a nostra disposizione i dati relativi al 2018 ma leggiamo quotidianamente i giornali: ciò ci basta.

Nel 2013 per la prima volta nella storia l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato un rapporto sulla violenza contro le donne a livello globale: ne è emerso che il 38% di tutte le donne che vengono assassinate muore per mano del partner: 60mila donne ogni anno, una donna ogni 8 minuti, stando al report Global Burden. Ancora, Il 35% delle donne subisce nel corso della vita qualche forma di violenza. La più comune è quella perpetrata da mariti e fidanzati: a esserne vittime sono ben il 30% delle donne di tutto il mondo. Ieri [febbraio 2018] è uscito lo studio Istat: in Italia 8 milioni 816mila e cioè il 43,6% delle donne ha subito almeno una molestia sessuale nel corso della vita.

Amore come rapimento ed estasi; amore come possesso, passione travolgente, battaglia, conquista; amore come dolore, struggimento, mancanza; amore come dipendenza. L’amore che ci insegnano nei romanzi e al cinema, nelle immagini televisive e nelle parole delle canzoni è sempre quello: assoluto, totale e naturalmente di coppia. Tutti sappiamo che la vita è diversa e la quotidianità infinitamente più complessa. Eppure il sogno rimane. Sogno che, a guardarlo bene e da vicino, avrebbe più che altro i tratti della prigione e dell’incubo.

Cosa c’è di buono e bello in un immaginario che esalta il possesso dell’“oggetto amato” (oggetto, appunto) e che glorifica la gelosia e il controllo? Un immaginario che ci insegna che “d’amore si muore” e che “per troppo amore” si uccide. E si muore e si uccide davvero, ma forse piuttosto che d’amore sarebbe il caso di cominciare a parlare, appunto, di controllo e di possesso. E di potere. Non è un caso che in Italia come altrove a morire per mano di partner ed ex partner siano in stragrande maggioranza donne, così come a subire violenze, stalking e abusi. Sono eccezioni, si potrebbe dire. No, sono “emergenze”, è ciò che più emerge, la proverbiale punta dell’iceberg. Ma l’iceberg è grosso, profondo e pervasivo. Dovunque ci si volti, è lì.

E quindi? Rinunciare all’amore? Sticazzi. Amiamo l’amore e amiamo i nostri amori. Amiamo la gioia e la condivisione, amiamo le nostre famiglie, allargate e sfrante, amiamo le nostre compagne e i nostri compagni, impariamo a riconoscere l’amore anche dove non ci insegnano a nominarlo, nelle nostre amicizie e nelle nostre reti solidali. Amiamo il piacere, dato e ricevuto. E già che ci siamo, proviamo pure a ricordarci di amare noi stesse e noi stessi. Non siamo qui a negare l’amore, tutt’altro. Ma lavoriamo per costruire amori svincolati dal possesso, dalla gelosia, dal controllo e dalle gerarchie. Liberiamoci dall’Amore romantico, dall’amore tossico, recuperiamo l’amore senza maiuscole. E forse pure gli amori al plurale.

Ecco perché oggi, 14 febbraio [2018], il giorno di San Valentino, abbiamo sfilato con una street parade femminista contro le narrazioni tossiche dell’amore. Siamo partit* dal cinema Nazionale, luogo simbolo dove questa sera viene proiettato il film appartenente alla trilogia 50 sfumature, e siamo arrivat* davanti a un altro luogo simbolo: piazza Barbacan, dove c’è il centro antiviolenza Goap della rete Dire. Qui abbiamo fatto esplodere simbolicamente all’unisono dei palloncini con sopra scritti i nomi delle vittime, in loro memoria.