Storia della privatizzazione
Il primo luglio, in Consiglio comunale a Trieste, si voterà la delibera “Nuovo nido d’infanzia di Roiano. Modalità di gestione”. La questione è semplice e nota: il Comune ha costruito un nido d’infanzia a Roiano, che prevede 66 posti. Senza nessuna giustificazione se non quella del risparmio per l’ente pubblico e del profitto dei privati, intende dare il nido in gestione a un privato, che dovrà garantire 33 posti a bambin* delle graduatorie comunali e potrà far iscrivere altr* 33 bambin* privatamente. Il risparmio si avrà sulle spalle delle famiglie, che non avranno diritto al posto comunale e dovranno pagare circa 700 euro al mese il soggetto privato, e sulla pelle delle lavoratrici, che non saranno dipendenti del Comune ma dovranno essere assunte dall’ente gestore che, prevedibilmente, garantirà uno stipendio di 500 euro in meno rispetto allo stipendio di un lavoro nel settore contrattuale pubblico.
A Roiano, da diversi anni si parlava della costruzione di un nuovo nido. I lavori, in base alle affermazioni del Sindaco Dipiazza e dell’assessora Lodi, si sarebbero dovuti concludere entro luglio 2022, ma ancora a maggio 2023, l’assessora Lodi faceva un sopralluogo per vedere l’andamento dei lavori e parlava di «avanguardia». Quello che intendeva, senza che ancora lo sapessimo, era «avanguardia della privatizzazione».
Infatti, a fine aprile 2024, quasi due anni dopo la presunta conclusione dei lavori, il Piccolo ha dato la notizia che il nido di Roiano sarebbe stato aperto affidando la struttura a un privato tramite gara. Dei 66 posti promossi dall’amministrazione, solo 33 posti sarebbero in convenzione con il comune di Trieste, attinti dalle graduatorie, cioè con retta secondo le tariffe del comune su base ISEE, mentre i restanti 33 posti avrebbero il costo di un nido privato, cioè circa 700 euro a testa.
Nei mesi successivi, le lavoratrici dei nidi e le famiglie di Roiano si sono mobilitate, scendendo in piazza il 27 maggio, appoggiate da alcune sigle sindacali, partecipando alle assemblee circoscrizionali e alla Commissione consiliare dedicata. La maggior parte delle circoscrizioni ha bocciato la delibera, in particolare la circoscrizione di Roiano, ma la maggioranza comunale, il prossimo primo luglio, ha tutta l’intenzione di far passare la delibera sulla parziale privatizzazione del nido di Roiano e dei futuri nidi in costruzione.
Lavoro femminilizzato = lavoro povero
Il Comune di Trieste sta mostrando con questa delibera tutta la violenza del sistema patriarcale e capitalista, che da un lato ci costringe a partorire, limitando il diritto all’aborto, e dall’altro ci sfrutta in lavori di cura sottopagati o non pagati.
Il livello di occupazione femminile colloca l’Italia al penultimo posto in Europa (dati Eurostat, 2020), con più di dieci punti in meno rispetto ai valori medi europei. Inoltre, le lavoratrici lavorano 8 ore a settimana in meno rispetto ai lavoratori: il 33% delle donne lavora part-time ma nel 60% dei casi si tratta di part-time involontario, spesso necessario al lavoro di cura familiare non remunerato. Ma la questione allarmante è un’altra: il lavoro femminile è lavoro povero; il 41% delle lavoratrici (dati 2017) ha un reddito che non permette di superare la soglia di povertà. In breve, tra quelle di noi che hanno un lavoro salariato, la metà con il suo reddito non supera la soglia di povertà. Tutte le altre lavorano in nero o svolgono lavoro domestico e di cura non pagato, nei confronti della famiglia e sempre più dei genitori anziani.
Il mondo del lavoro di cura, educativo, assistenziale è da sempre femminilizzato e sottopagato: nonostante richieda quasi sempre una laurea, elevate competenze professionali, emotive e relazionali e un impegno che spesso porta al burn-out, si tratta di un lavoro sistematicamente sottopagato e spesso sfruttato nel privato.
Per esempio, nel caso del nido di Roiano, il personale educativo (prevalentemente femminile) non verrà attinto dalle graduatorie esistenti delle istruttrici educative comunali, ma dovranno essere assunte dall’ente gestore vincitore della gara che, in base alla delibera, dovrà assumere le educatrici in base al CCNL delle cooperative.
Nella riunione di circoscrizione di Roiano e di San Giacomo, l’assessore alle Politiche delle Risorse Umane Avian e l’assessore alle Politiche dell’Educazione e della Famiglia De Blasio hanno affermato che non è possibile assumere le 14 istruttrici educative necessarie, perché le risorse sono necessarie all’assunzione di personale utile alla gestione delle risorse del PNNR. Gli assessori del Comune di Trieste non hanno problemi a dire che risparmiano sulla pelle delle lavoratrici e sulle spalle delle famiglie.
La differenza di retribuzione mensile tra educatrici comunali e di cooperativa infatti è in media di 300-400 euro. Il lavoro nelle cooperative ha un turnover elevato a causa delle condizioni di lavoro e il turnover va a discapito della continuità educativa. Il Comune di Trieste già appalta alle cooperative dei servizi educativi, come quello dei Centri estivi, ed è consapevole delle diverse segnalazioni negative da parte dell’utenza.
Figliare e portarsel* appresso
Nel mondo, la popolazione sta aumentando, abbiamo superato gli otto miliardi di persone. La popolazione bianca europea invece sta progressivamente invecchiando e in Italia il numero di abitanti sta calando (-0,5% all’anno, dati 2021) e si fanno sempre meno figli*. Le donne italiane, le stesse che pur lavorando stanno sotto la soglia di povertà, sono quindi chiamate a fare figli, dalla cultura patriarcale, dalle famiglie di origine e dallo Stato stesso che ha ormai assorbito il linguaggio dei movimenti antiabortisti, trasformando addirittura il ministero per le Pari opportunità in ministero per le Pari opportunità e la famiglia.
Gli stessi governi che limitano il diritto all’aborto e fanno campagna elettorale in nome della famiglia tradizionale sottofinanziano tuttavia il sistema welfare per chi ha bimb* piccol*, tanto che una donna su cinque lascia il lavoro dopo il parto (dati Servizio studi della Camera 2024). L’assessore Avian ha affermato che una delle ragioni per appaltare la gestione dei nidi ai privati è che le malattie e le maternità delle educatrici.
Vogliono che figliamo, ma preferirebbero che non andassimo in maternità: ci vogliono madri ma povere, senza nidi d’infanzia pubblici, senza lavori decenti e senza soldi.
Scendiamo in piazza
Con questa delibera, il Comune di Trieste sta mostrando tutta la violenza del sistema patriarcale e capitalista: usa dei fondi pubblici per costruire e arredare un nido di destinato a un privato, favorisce il lavoro povero scegliendo di delegare il servizio alle cooperative, divide le famiglie dei rioni coinvolti tra quelle che riusciranno a ottenere il posto pubblico (con relativa retta agevolata in base all’ISEE) e quelle che, per lo stesso servizio, dovranno pagare la retta di circa 700 euro a un privato.
Il Comune di Trieste ha osservato passivo la chiusura di due consultori, declinando ogni responsabilità; ora si fa parte attiva nella privatizzazione con fondi pubblici di un intero settore.
Saremo in piazza il primo luglio, durante il consiglio comunale, per dire quanto ci fa schifo questo potere machista e violento, che decide sulle nostre vite come se fossero déhors, che ci toglie servizi pubblici con la stessa noncuranza con cui toglie gli addobbi natalizi.
Ci vediamo lunedì primo luglio, alle 18, in piazza Unità, in solidarietà con le lavoratrici dei nidi.