Lotto marzo, per autotutelare noi e le nostre sorelle e compagne. Un anno dopo, ci siamo tornate piene di cose da dire, sempre più consapevoli dell’importanza della lotta al patriarcato, con la gioia che ci dà la sorellanza transfemminista e transfrontaliera.
Femminicidi e violenza
È un anno che siamo scomparse dalla narrazione e dallo spazio pubblico. Se la pandemia ci ha di fatto relegat* tutt* a una dimensione privata, personale, individuale e domestica, per molte di noi questo ha significato che la vita ci veniva effettivamente tolta.Dall’inizio dell’anno, ci sono stati già tredici femminicidi. Come abbiamo denunciato anche il 28 novembre in piazza, è una strage continua e inarrestabile. Negli ultimi dieci giorni, sei donne sono state uccise dal loro partner proprio dentro casa: quel posto che che quest’anno è stato raccontato come l’unico luogo sicuro dove stare.Ma questo è solo l’apice della piramide della violenza maschile sulle donne, alla base larga della piramide si trovano i comportamenti sessisti, machisti, familisti e basati sul binarismo di genere (secondo il quale esistono due soli generi – uomo e donna – ai quali corrispondono ruoli precisi).
Centri antiviolenza e case delle donne
Le istituzioni, anziché aiutare chi subisce e chi si occupa di queste situazioni di violenza, rendono sempre più difficili i percorsi di uscita da queste spirali infernali. Tagliano i fondi alle case di accoglienza e ai Centri antiviolenza; sgomberano o minacciano di sgombero realtà di primo supporto, nate proprio per sopperire a una mancanza grave, come la Limonaia a Pisa o la casa delle donne Lucha y Siesta a Roma; cercano di vincolare alla denuncia il supporto alle donne che scappano da situazioni di abuso, come se denunciare fosse semplice o fosse sempre possibile.
Lavoro di cura
La nostra lotta è transfemminista e intersezionale. Sappiamo bene che gli assi dell’oppressione sono numerosi e vari. Che dire, infatti, di chi una casa non ce l’ha o non riesce più a pagarla? Che dire delle tante persone che in un periodo di crisi sanitaria e quindi economica hanno perso il lavoro? Il 99% di queste sono donne. Che dire di tutte quelle persone con lavori saltuari o precari, che si sono trovate praticamente prive di sostegno? O delle tante donne che si sono nei fatti trovate costrette a smettere di lavorare per occuparsi di figl* piccol* costretti a non andare a scuola o familiari a carico?
Quando pensiamo alle lavoratrici o ai lavoratori pensiamo anche a quelle categorie da sempre meno tutelate, invisibili, come le lavoratrici domestiche o le sexworkers alle quali va la nostra solidarietà e il nostro sostegno.
Donne e lavoratrici senza cittadinanza italiana
Che dire delle persone la cui vita è appesa al permesso di soggiorno a suo volta legato al lavoro? La cittadinanza viene concessa, se tutto fila liscio, come un dono da mendicare anche a chi è nato e cresciuto in Italia e non potrebbe né vorrebbe sentirsi a casa da nessun‘altra parte. I governi dell’Unione Europea bloccano le persone in transito ai confini della fortezza Europa, rinchiudono le persone senza documenti dentro i Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio, come quello di Gradisca d’Isonzo) e le rispediscono indietro come merci indesiderate oppure ignorano i destini di migliaia di persone, lasciandole nella zona grigia dell’irregolarità, che tanto conviene a chi può sfruttare manodopera a basso costo.
La scuola non esiste!
Da più di trent’anni variamente dimenticata o maltrattata, trattata da qualsiasi governo solo come una voce di bilancio sulla quale tagliare, la scuola ha subito in quest’ultimo anno l’attacco finale. Da oggi, 8 marzo 2021, le scuole secondarie del FVG sono state chiuse d’imperio. Le conseguenze non riguardano solo la didattica, ma anche il benessere psicofisico di ragazze e ragazzi, con l’aumento di suicidi, autolesionismo e malattie psichiatriche nelle/negli adolescenti. Se è vero che la sicurezza sanitaria doveva essere la priorità, sappiamo quanto la DAD abbia mostrato chiaramente il peso sociale ed economico del digital divide, della distanza cioè tra chi ha a disposizione computer e connessione veloce e chi no. Sappiamo che i problemi strutturali della scuola sono rimasti gli stessi di sempre: l’edilizia scolastica fatiscente (sulla quale andrebbero investiti in modo massiccio i fondi del recovery plan); le cosiddette classi pollaio (sovraffollate e a maggior ragione insicure dal punto di vista sanitario); la precarietà strutturale di docenti e personale docente, alla quale bisogna rispondere urgentemente con assunzioni. Ad ora, la destinazione dei 20 miliardi di euro del Recovery plan pare invece destinata principalmente alla digitalizzazione e ai fondi per la ricerca e l’impresa, cioè a un apprendimento standardizzato e gestito dalle grandi multinazionali, per le quali la scuola pubblica va trasformata in agenzia per l’addestramento al lavoro.
Oggi, in risposta alla chiamata di Non una di meno, alcuni sindacati hanno indetto sciopero in tutta Italia. Sappiamo che ci sono ancora tantissimi settori lavorativi di manodopera sfruttata e sottopagata, proprio perché femminile. Ricordiamo, per esempio, le lavoratrici dell’hotel Savoia di Trieste, che hanno scioperato dal 26 al 28 febbraio dopo non essere state pagate per mesi. Negli anni, il diritto di sciopero è stato progressivamente sempre più sotto attacco. Per lo sciopero di oggi, per esempio, la Commissione di Garanzia ha di fatto vietato la possibilità di aderire allo sciopero per il settore della scuola. Se per qualcuna di noi lo sciopero è uno strumento di lotta da difendere, per altre scioperare è diventato impossibile, dal momento che il lavoro non c’è più o si è delocalizzato alla dimensione casalinga dello smartworking o è in nero, illegalizzato, precarizzato, non riconosciuto. Ecco perchè quello de LOTTO MARZO è sempre stato – e quest’anno lo è ancora di più – un giorno di lotta, un giorno di sciopero, non solo dal lavoro produttivo, ma anche dal lavoro riproduttivo, dal lavoro domestico e di cura.
Le campagne contro l’autodeterminazione
In questo periodo di crisi, di paura e incertezza, di politiche last minute fatte per salvarsi la poltrona, l’attacco alla nostra possibilità di autodeterminare le scelte sulle nostre vite e i nostri corpi è violento e ben sponsorizzato. Vi invitiamo stare vigili di fronte alla pervasività delle campagne nochoice (contro la scelta), che abbiamo visto negli ultimi mesi anche sui muri di Trieste: la propaganda antiabortista è menzognera e nociva per la salute di tutte. La legge 194, che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza, è costantemente messa in dubbio, anche nella nostra città, dove comunque sappiamo che il diritto all’aborto è garantito più che altrove in regione. Quest’anno passato ha reso chiaro più che mai, se ancora ve ne fosse bisogno, l’importanza di una sanità territoriale di base, di una medicina e di una ricerca scientifica non orientate al profitto ma al benessere delle persone.
Vogliamo tutto
Vogliamo ospedali liberi dagli obiettori, fondi per i consultori, investimenti strutturali nella sanità.
Vogliamo una scuola laica e inclusiva, aperta e plurale. Pretendiamo che si torni ad investire sull’istruzione con finanziamenti massicci.
Vogliamo politiche pubbliche che permettano l’autonomia delle donne, finanziamenti ai Centri antiviolenza e per i percorsi di uscita dalla violenza, politiche di sostegno alla maternità e alla genitorialità condivisa.
Per fare tutto questo ci vogliono soldi. E i soldi ci sono: in Italia il 5% più ricco possiede quanto il 90% più povero, poche persone possiedono quanto la maggior parte di noi messe assieme. È ora di tassare davvero i grandi patrimoni e redistribuirne le ricchezze.
Vogliamo tutto questo e molto altro, vogliamo vivere libere e lo gridiamo forte:
essenziali le nostre vite, essenziali i nostri corpi, essenziale il nostro sciopero, ESSENZIALI LE NOSTRE LOTTE!
Photo credits: Claudia Bouvier Calderone