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Lo ius soli non c’entra niente con la tratta!

Nelle ultime settimane, si è tornati a parlare di ius soli per le figlie e i figli di cittadini immigrati nati in Italia, inserito nel programma del Pd dal neosegretario Enrico Letta. Puntualmente, come da copione, non sono mancate le reazioni delle forze politiche da sempre contrarie a proposte progressiste per una società inclusiva, perché non sarebbe «una priorità per il Paese».

Queste sono le parole con le quali il senatore Simone Pillon ha espresso la sua netta contrarietà a questa proposta: «vorrei dire al neosegretario Letta che ogni volta che un politico italiano parla di ius soli, centinaia di ragazze nei villaggi africani vengono convinte dai trafficanti di uomini a partire per il nostro Paese, affrontando viaggi disastrosi, rischiando la vita e inseguendo fatue illusioni».

Sarà che siamo alle prese con la pandemia e la campagna vaccinale, sarà che il politico contava sulla distrazione di massa, ma questa dichiarazione gravissima è passata quasi inosservata. Proprio per questo ci interessa riprenderla. Nella sua dichiarazione intrisa di razzismo, ignoranza e, per l’ennesima volta, contro le donne (questa volta provenienti dai cosiddetti villaggi africani), Pillon ha fatto riferimento a due temi delicati e importanti che riguardano la vita di migliaia di persone; ha collegato, consapevolmente e colpevolmente, temi che sono in realtà questioni distinte che non vanno confuse a meno di essere in malafede e voler compiacere la propria base elettorale. Il primo è la tratta di persone; il secondo è la questione della cittadinanza.

La tratta di persone è un fenomeno globale. Riguarda centinaia di migliaia di persone provenienti da diverse parti del mondo. Nel rapporto UNODC 2020 Global report on Trafficking in Persons, nel 2018 sono state identificate 49.032 persone vittime di tratta. Di queste 11.839 sono presenti nell’Europa occidentale. Poco più della metà, 6.091, sono donne e ragazze giovani. Si tratta di un fenomeno complesso che necessita di un’attenta lettura e analisi per capire i motivi per le quali migliaia di persone finiscono nelle maglie delle organizzazioni criminali che trafficano persone. Il report UNODC mostra che la crisi sanitaria da Covid-19 ha acuito una situazione economica che, si teme, avrà come conseguenza una crisi economica che alzerà il livello di disoccupazione globale. È indubbio che il divario sociale e le disuguaglianze economiche aumenteranno e avranno un impatto diretto sul fenomeno della tratta delle persone. Certo è che le donne non aspettano che un politico italiano parli dello ius soli per partire verso l’Italia. Le vittime della tratta sono maggiormente giovani ragazze e donne, ma è altrettanto vero che le cause strutturali come la povertà, le disuguaglianze di genere, la disoccupazione, il mancato accesso alla scolarizzazione sono tra le principali motivazioni a spingerle a partire in cerca di una vita dignitosa. I «viaggi disastrosi» in cui le persone rischiano la vita sono la diretta conseguenza della politica della chiusura delle frontiere e dell’assenza di vie di accesso legali alla fortezza Europa. A nulla serve puntare il dito contro donne e giovani ragazze, vittime di tratta. Serve una platea di discussione strategica in grado di affrontare le differenze strutturali di cui sono vittime soprattutto le donne in varie parti del mondo, Italia compresa. Serve un riconoscimento sul diritto di migrare delle persone senza che diventino prede dei trafficanti e delle reti
criminali.

Quanto allo ius soli, ci limitiamo a proporre un consiglio di lettura del recente articolo di Djarah Kan.

La dichiarazione di Pillon, oltre a essere sostanzialmente sbagliata e infondata nei suoi presupposti, rispolvera una retorica platealmente coloniale e patriarcale: bisogna mantenere le donne, soprattutto se africane, compostamente al loro posto. Questa retorica mistifica e legittima al tempo stesso la gestione criminale delle migrazioni come politica  europea e globale e mostra come, una volta di più, questa si compia anche grazie al ruolo simbolico e materiale incarnato dalle vite e dai corpi delle donne, in particolare dalle donne migranti e razzializzate.

Così le parole di Pillon risultano una chiara e diretta espressione di quell’ élite politica ed istituzionale cattolica, che -negli ultimi anni a più riprese- ed in queste ultime settimane, in particolare, sta tornando alla carica, come segnalano avvenimenti quali la fuoriuscita della Turchia dalla Convezione di Istanbul ed il progetto di legge dell’organizzazione polacca Ordo Iuris per la difesa della famiglia etero patriarcale.

Inoltre, la vita umana tanto celebrata dai cosiddetti pro-vita improvvisamente perde di valore quando a partorire sono donne non europee, tanto che si arriva a utilizzare quest’argomentazione contro il diritto alla cittadinanza. È così che il fervente cattolico smaschera da solo la sua reale essenza di maschio bianco europeo benestante che vuole tutelare un corpo della nazione rigorosamente bianco.

Non accettiamo che un parlamentare accosti lo ius soli al fenomeno della tratta di persone. Non accettiamo che ancora una volta si ritenga che lo ius soli non sia una priorità per il governo. Noi non siamo distratte, non saremo mai assuefatte a parole che negano il diritto alla cittadinanza e che accostano la violenza della tratta alla libertà di movimento e al diritto alla cittadinanza. Lo ius soli è un diritto per il quale vogliamo lottare, fintanto che ci sono le frontiere.

[in foto la manifestazione transfemminista di Verona contro il ddl Pillon, laPresse]